Il concetto di Intelligenza secoli

Il concetto di Intelligenza secoli

L’intelligenza. Che cos’è?

Già Socrate nel V sec. a.C. definisce l’intelligenza come la facoltà che permette all’ uomo non soltanto di riflettere sul mondo, ma anche di meditare su se stesso: la formula “conosci te stesso” riassume il concetto  e ne avvia la ricerca psicologico-filosofica che tuttora non si è ancora fermata.

Platone, facendo scrivere sulla porta dell’ Accademia da lui fondata: “Non entri qui chi non è geometra” (oggi diremmo “matematico”), è il primo a riconoscere che la sede del pensiero è la testa e non il cuore.

Secondo il grande filosofo l’intelligenza – intesa in un’ accezione molto vicina a quella moderna- permette alla parte spirituale dell’ uomo  (che possiede anche una parte affettiva ed una parte materiale) di capire l’ordine del mondo , sia intellegibile che sensibile, e quindi di autogovernarsi.

Con Aristotele si segna un ulteriore passo avanti: oltre ad essere stato il primo a mettere a confronto l’intelligenza animale con quella umana (egli rileva negli animali alcuni ” tratti rassomiglianti al comportamento umano”).. ha il primato di aver collegato il materiale di informazione fornito dai sensi con il lavoro di riflessione elaborato sulla base di questo materiale, in altre parole di aver considerato l’intelligenza attiva e passiva allo stesso tempo, cioè la sede, contemporaneamente, della sensazione e della riflessione.

Tutto questo per quanto riguardava la concezione dell’ uomo nel pensiero occidentale: l’uomo era intelligente in quanto tale. Non tutti gli uomini però possiedono il pensiero, né pensano sempre.  Per L’occidente, una coscienza superiore viene conseguita attraverso una sempre più approfondita applicazione allo studio; per l’Oriente, essa si conquista tramite una sempre più avanzata concentrazione interiore.

 

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